Questa video-conversazione tra Ottavio Rosati e il nostro Presidente, Marco Greco, è una registrazione senza ritocchi (che non ha bisogno di note e fonti bibliografiche) realizzata nell’agosto 2022 all’insegna della spontaneità creativa (soprattutto nella sua seconda metà).
La nostra Associazione si era già interfacciata con Ottavio durante la stesura dei testi del booklet di accompagnamento del DVD “Psychodrame” di Roberto Rossellini editato nel 2019. A seguito della pubblicazione, abbiamo ricevuto varie richieste di ulteriori approfondimenti circa il nostro Autore. Pensiamo quindi di fare cosa gradita condividendo questo video e le seguenti annotazioni.
Nell’antico palazzo di Trastevere che la scrittrice e traduttrice Fernanda Pivano battezzò la mia Kasbah, Ottavio Rosati fondò la scuola di psicodramma IPOD negli anni Ottanta. In questo contesto trasteverino (due piccoli appartamenti a forma di torre di Rosati e Pivano collegati da un passaggio aperto con eretica Spontaneità su una terrazza), nel corso di cinquanta anni sono nate molte cose importanti per lo sviluppo dell’opera di Moreno in Italia. Innanzi tutto la traduzione dei tre volumi del trattato Psychodrama di J. L. Moreno e Zerka Toeman Moreno e di libri di Schützenberger , Yablonsky, Anzieu, Leutz. E, poi, la rivista Atti dello psicodramma (Astrolabio); la progettazione dei (quasi impossibili) socioplay pirandelliani di Zerka T. Moreno al Teatro Flaiano di Roma e al Carignano di Torino. Fino al documentario per il CeIS (Il Gioco dell’orologio), al workshop torinese Giocare il Sogno, Filmare il Gioco con Cinema Giovani. E al programma di RAI3 Da Storia nasce Storia col quale Angelo Guglielmi (naturalmente senza saperlo) realizzò nel 1991 una versione dello Psico-cinema che Rossellini e Moreno abbozzarono nel 1956 a Parigi. Come mostra lo storico filmato per la RTF rinvenuto durante il riordino degli archivi di Anne Ancelin Schützenberger curato dalla nostra Associazione a Torino.
A proposito della fertile collaborazione con Fernanda Pivano, coinvolta da Rosati in un viaggio a Beacon nel maggio del 1980 e autrice di una bella bella intervista per il Corriere della Sera a Zerka T. Moreno, cogliamo l’occasione per suggerirvi la ‘rischiosa’ lettura di un ipertesto in quattro puntate, Quattro decenni di plays per il teatro del tempo con Fernanda Pivano e Marie-Louise von Franz.
che da anni Ottavio Rosati allarga e corregge ma che rifiuta di tramutare in un libro. Il rifiuto si basa su due ragioni che riferiamo nei termini di Rosati, senza dare giudizi né interpretazioni. La prima è che Ottavio dichiara di aver fatto voto a un paio di Santi e celebri Madonne di riprendere il lavoro editoriale solo dopo aver girato Il fuoco e le lune, il film sulla storia degli psicodrammi veri e selvaggi ambientati alla Kasbah, con la produzione di Elda Ferri (Jean Vigo Italia). Scrivere saggi non è saggio per chi vuole raccontare per immagini…
La seconda è che Ottavio Rosati antepone ai libri la costruzione del Teatro del Tempo, cioè un teatro di psicodramma high tech che renda davvero possibile l’attivazione terapeutica delle immagini del paziente. A questo progetto Rosati e la sua scuola hanno dedicato ricerche e giornate di studio cooperando con la Facoltà di Psicologia e quella di Architettura dell’Università “La Sapienza” di Roma. Agli operatori terapeutici, cioè alle varie componenti terapeutiche che si intrecciano nello psicodramma, di cui parla Claude Lorin (ermeneutico, di incitamento, mimetico e di confronto), il Teatro del Tempo ne aggiunge infatti un quinto: l’operatore immaginale. Questa particolarissima proposta in ambito terapeutico e teatrale deriva dall’Immaginazione Attiva di Jung e dalla catarsi di Moreno ma oggi si nutre anche del mondo digitale e utilizza sceno-tecniche innovative. Tra queste la retroilluminazione di Josef Svoboda, lo scenografo della Laterna Magika di Praga, autore della straordinaria Traviata degli specchi dove il fondale rispecchiava lo scivolo dei tappeti sul pavimento. Ottavio conobbe Svoboda allo Sferisterio di Macerata durante l’allestimento. Ebbe la sfacciataggine (una virtù che non gli manca) di mostragli i suoi bozzetti e di chiedergli consiglio, grazie al suo ruolo di critico lirico che svolse negli anni Ottanta per i quotidiani della Agenzia Giornali Locali del Principe Carlo Caracciolo.
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Incoraggiamo la creatività e lo studio accurato che da sempre hanno contraddistinto l’attività di Ottavio Rosati con i nostri più cari Auguri. Auguri che gli estendiamo oggi perché a luglio ha spostato la storica scuola di psicodramma IPOD davanti al parco dell’ospedale romano Forlanini, nel quartiere Monteverde di Roma. I tempi e i modi di questo non facile trasloco per decine di inquilini di via della Lungara 3, a favore dell’università americana John Cabot, li ha spiegati Paolo Brogi a gennaio in un articolo sul Corriere della Sera intitolato a Bernardo Bertolucci che scelse la Kasbah (o casba) per vivere e per girare i suoi ultimi film.
Infine, a nostro parere, il socioplay dove Rosati ha cercato di esprimere la tensione religiosa del pensiero di Moreno, è quello sul Canto di Natale di Charles Dickens realizzato nel 2005 con il cardinale Matteo Zuppi (oggi presidente della CEI, allora parroco di S. Maria in Trastevere) che aprì tutti gli spazi della basilica per le riprese, dai chiostri all’organo e al contro-soffitto del Vignola. L’archetipico sociodramma tra Dickens e Moreno fu prodotto da Rai Sat Gambero Rosso (il primo canale tematico di cucina, gastronomia) che lo trasmise sotto Natale più volte, purtroppo senza dargli abbastanza risalto. Ricordiamo che Piero Ferrero, drammaturgo del Teatro Stabile di Torino, nel ruolo dell’avaro Scrooge, era stato trasformato nel proprietario di una catena di ristoranti destinato a redimersi grazie ai puddings e ai panettoni degli chef Igles Corelli e Bruno Barbieri. Ma furono due le cose che colpirono nel socioplay dal punto di vista dell’interazione col pubblico televisivo. La visita iniziale di Marley avveniva in forma di un karaoke interattivo in cui i telespettatori a casa potevano recitare le battute di Scrooge scritte sul televisore. Inoltre il socioplay, combinando lo champagne e l’Acqua Santa, vedeva Don Matteo aprire il gioco tra attori e spettatori leggendo dal pulpito della basilica la durissima parabola del Vangelo di Luca sul ricco Epulone. Dickens la conosceva e le contrappose, al rigore di Abramo, il suo Canto di Natale, un racconto soft dove i morti possono tornare per pochi minuti sulla terra come fantasmi per ammonire i vivi e salvarli dalle fiamme dell’inferno. Rosati fu il primo a proporre questa chiave di lettura per cui Dickens è l’uomo che inventò il Natale.
Ancora Auguri, Ottavio!